Il mio ufo tumore
Una domenica mattina
Quella che sovviene
Dopo Il Sabato del Villaggio
Del Giacomo Leopardi poeta
Che di bellezza si asseta
“La donzelletta vien dalla campagna
in sul calar del sole,
col suo fascio dell’erba
e reca in mano un mazzolin di rose e viole…..”
È iniziato il mio viaggio
Quello che tira fuori il coraggio
Che la donzelletta che vien dalla campagna….
Non aveva per me nè fascio d’erba
Nè mazzolin di rose e viole
Ma di malattia il sole
E di paura di morte
La luna compagna
Dovevo arrivare
Ad una stazione
Biglietto pagato
Chiamata tumore
Affettuosamente
Per non averlo
In odio stufo
Da me evocato
Tale ufo
Ero quella domenica in allegria
Per il mio compleanno incombente
Senza astio nel dente
Sgombra d’affanno e di danno
Sessant’anni vissuti alla grande
Elencati in una carriera pluripremiata
Dai lettori mi dissero e scrissero
Apprezzata
Beh mi strozzo
Il gargarozzo
Singulto bevendo
Il caffè
Mi sento asfissiare
Mi sento mancare
Non ce la faccio
A respirare
La tiro breve
Altrimenti
E’ troppo greve
Ripercorrere
Sentieri accidentati
Dalla mia
Maledizione accomunati
La visita dice chiaro
E m’intigno
Mi indigno
E’ tumore maligno
In bocca
Mi tocca
Oh dico io
Che mi fai capitare
Signor Iddio?
Che succede?
Il mio tempo è finito
Così stordito?
Divento una cosa
Di carne sfaldata
Atterrita
Annichilita
Ammuffita
Tra i molti dottori
Soloni
Di sto par di coglioni
Che ti danno solo pietà
Calpestando la tua identità
Voglio estrapolare menzionare
Emanuele Zucca e Alberto Maccari
I camici bianchi
Che metto sugli altari
Della bravura
Della competenza
Della professionalità
Soprattutto
Dell’umanità
Al malato dovuta
Dovrebbe essere
Decenza conclamata risaputa
Della malattia
Quel malato non se lo porti
Nel pozzo via
Loro quei due
Ecco da cosa
Mi hanno trattato
Da viola e rosa
Certo quando coloro
Senza empatia
Nè simpatia
Emettono la tua condanna
Ti dicono fai in fretta
Tutto quello che devi
Che poche ore
Ancora vedrai
Bevi
Ti piombano addosso
A più non posso
Calcinacci
Massacci
Di pietra
Mortacci
Io coi miei figli
Ci siamo abbracciati
Ricordo
Come spauriti conigli
Che sanno di essere
Presto sgozzati squartati
Prima di essere messi in padella
A friggere le loro budella
Per essere mangiati
Ero una macchia di donna
Senza gonna
Uno straccio strappato
Lacerato
In più punti consunti
Presi ago e filo e ditale
Per gli strappi rammendare
Dopo un oceano
Di rabbuiato nulla
Cristallizzato tormento
Mi rivolsi al mio intimo fermento
Decisi tra me e me di riaffiorare
Da quel terrore incombente
Di voler nuotare senza salvagente
Profittai dunque dell’intervallo
Che aveva solo
Di certezze sballo
Di quel calvario
Sudario di sorte
Non con braccia conserte
Ma aperte
Di rimettere la mia vita
In ballo
Mi applicai
Per riordinarla tutta
La parte bella e la parte brutta
Per lasciare
Odor di pulito
A chi ci avrebbe poi
Infilato il dito
Fotografie poesie appunti storia
Quello che ho fatto detto scritto
Da consegnare
Alla altrui memoria
Cito per celebrare la sofferenza
Di quel periodo di demenza
La maschera che mi misero
Sul viso e sulle mie lacrime
Le sole vere
Le sole sincere
Le sole profonde
Di compatimento di me
Quelle che ognuno riserva a sé
Da cui trova forza e pienezza
Sia in vecchiaia
Sia in giovinezza
La mia maschera
Di un osceno carnevale
E ammetto
Vivere
Anche per un solo istante
La pena vale
Che si capisce
Non intuisce
Quanto l’esistere conta
E non canta soltanto
Per farsene vanto
Una maschera molto costosa
A misura di faccia plasmata
Soffocante
Accecante
Senza fessure per gli occhi
Solo fori
Per le nari
Finita la cura
La sciolgono
Per una nuova disperata avventura
Per un nuovo tumore
Io la guardai
L’accarezzai e sperai
Che il nuovo malato potesse
Sentire le mie dita
Sostenere la sua impervia fatica
La sua lotta
Come la mia
Che mi aveva cotta
E’ passata
La buriana
Non sarò mai più sana
La chemio mi ha avvelenato
Anche se mi dicono
Lembi di esistenza
Mi ha regalato
L’intervento è riuscito
L’ufo tumore
Il magnifico staff
Di Giovanni Felisati
I tentacoli li ha estirpati
Nella spazzatura li ha gettati
La radio?
Nessuno di chi avrebbe dovuto
Curarmi
Consolarmi
Salvarmi
Mi disse dei mali
Degli effetti collaterali
Ah il mio salvatore Maccari
Che amo d’amore profondo
Al quale soltanto rispondo
Di qualsiasi acciacco che or
Mi sovviene
Lui con pazienza
Infinita l’angoscia
Ogni volta mi imbriglia
Maccari dicevo
Che briga si prese
Di avvertirmi e tutelarmi
Per farmi pagare di strazio
Meno spese
Minor dazio
Persi peso a gogò
L’umore vitreo
Le mie pupille erano secche
La saliva
Non potevo profferire parola
Senza soffrire
Senza grattare la gola
Bruciata era nera la lingua
Le labbra spaccate
Crepate
Infezioni a iosa
In tutto il mio corpo
Cratere di stille
Di patimento infinito
Di midollo spacciato
Il gusto sciapito
Quel che mangiavo
Era al sapore di ferro di paglia di legno
Per darmi a tavola un contegno
Mandar giù qualcosa
Di chili di tabasco farcivo
Il primo gelato
Che ha ridato senso
Al mio palato
E’ stata estasi lo giuro
Lo assicuro
Così è stato il mio incontro
Lo scontro
Con la signora che porta la falce
Un coito interrotto
L’ho ripagata
Con una vangata di calce
Di quel forzato
Oscuro
Violento
Scontento
Amplesso
Resta
La mia fragile fibra
I miei reni imprecisi
Indecisi
Il mio cuore impazzito
Però non zittito
Dovrei stare calma
Per non correre il rischio
Di essere salma
Fuggire le emozioni
Dimenticarle
Astruse vecchie canzoni
Mi sono proibite
Potrei accettare sfiorate
Carezze forbite
Il mondo però se ne frega
All’atarassia non mi prega
Sbalzi d’umore
Chi mi ama mi toglie
Non ne porta le doglie
Non ci sto io
Ad un pentagramma piatto
Mi ribello ad un diagramma
Di una mente
Convalescente
Perseguo lo scatto
Di un istante non sciatto
Sia quel che sia
Lo urlo e mi proviene dal petto
Non sciupo neppure un centesimo
Di quell’istante senza tara al netto
Di questa seconda mia occasione
Un regalo senza spiegazione
Chi c’è c’è
Con me
Allora al bastardo
Dell’uomo più mulo
Che m’assale
Per lasciarmi di sale
O che incontro all’angolo del caso
Quando mi tratta da imbecille
Sprizzo scintille
Io grido
Ma vaffanculo!
Nota
Il mio ufo tumore poesia pubblicata nel mio libro P’ossessione – Vincenzo Ursini Edizioni
Inserita nella Playlist P’ossessione vocale by Rosanna Marani on #SoundCloud
https://lortodirosanna.wordpress.com/2014/01/14/possessione-vocale-by-rosanna-marani-on-
ti mando una “carezza forbita”! 🙂
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Me la cucco tuttta,grazie
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ti reco i miei omaggi con un mazzolin di rose e viole
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Ed io li accetto con tanto, tanto piacere
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mente d’acciaio e cuore di burro… onore a te, grande donna!
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Grazie. E’ proprio così, dentro al mio vaffanculo mondo, c’è tanto ma tanto amore. Ma solo per chi lo sa cogliere al volo. Che il momento scatta come saetta molto in fretta!
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Bellissima, grande come sempre!!! Ho rivissuto momenti….
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Grazie Massimo, ora anche questo dolore è regalato consegnato alla …carta. Ed è lei,…. la carta bianca che si sporca…..mentre io mi ripulisco…..per bene
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Bellissima stupenda… mi sono emozionatooo tantoo..
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Grazie Aldo.. a te che la comprendi nella sua più intima essenza
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emoziante Rosanna dentro c’è tutto il tuo essere il tuo amore, il tuo dolore la tua ribellione, sii fiera di Te. Un bacio
noemi
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Si, grazie. Sono fiera di essere quel che sono! Bacio
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ciao Rosanna, solo chi ha provato può descriverlo così bene…e solo chi ha provato può capirti …E COME TI CAPISCO!! ho gridato la mia rabbia al mondo intero…ma anche la mia gioia..quella d’avermi dato ancora del tempo…..
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Sono contenta per te e per me!
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E’ un esorcismo della paura che ci portiamo dentro. Un invito a vivere, guardando in faccia la realtà. Senza mezzi termini. Bravissima, anche in questo.
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Grazie Ferdinando
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